I pici e l’arte dell’appiciare entrano nell’inventario nazionale del patrimonio agroalimentare italiano con un decreto emesso dal ministero delle Politiche agricole. Beh, per noi che conosciamo l’importanza che questa pasta riveste nella nostra alimentazione di Valdorciani, è un atto dovuto. Ma voi sapete quanto sono importanti i pici in questa zona?
Vi è mai capitato di desiderare ardentemente un bel piatto fumante di pici al sugo? A noi si, molte volte. Ogni domenica, ogni festa di paese è per noi l’occasione buona per mangiare un bel piatto di pici. Meglio se fatti a mano! Infatti i pici sono buonissimi, ma quando sono fatti con le mani sapienti di qualche massaia, assumono tutto un altro gusto e un altro valore.
Sono un tipo di pasta che risveglia sensazioni e sentimenti di un’intera comunità. Hanno anche una funzione sociale non indifferente. Nei paesi dove i Pici, in estate, sono protagonisti di sagre che richiamano migliaia di persone, le massaie più o meno giovani si incontrano nei pomeriggi, durante tutto l’inverno a fare i pici i compagnia.
Insomma sono qualcosa di più di un semplice formato di pasta, sono un patrimonio da valorizzare e tutelare!
Perchè i pici sono così speciali?
Eppure sono un tipo di pasta fresca fatta solamente con acqua e farina, niente di più semplice. Ma perchè sono così speciali?
Beh per una serie di motivi. In primo luogo la loro consistenza, non da pasta scotta, nè da pasta al dente. I pici hanno una consistenza tutta loro che li rende unici e inconfondibili. Inoltre i pici sono così buoni perche sono sostanziosi. Un piatto di pici è molto più saziante di un piatto di pasta della stessa quantità. E da ultimo per la loro straordinaria capacità di legarsi con il condimento.
Che siano pici al sugo di cacciagione o di chianina, all’aglione, cacio e pepe, o alle briciole, questa tipologia di pasta fresca conquista chi l’assaggia.
Se poi chi l’assaggia è uno a cui piace smanettare ai fornelli, il desiderio di doverli fare almeno una volta diventa irrefrenabile. Ed ecco che alle vecchie massaie si aggiungono, giovani e meno giovani che vogliono imparare ad appiciare.
Perchè il picio è poco più di un grande spaghettone, ma fare dei pici dalla consistenza perfetta e che rimangano interi è cosa tutt’altro che scontata. In Val d’Orcia la capacità di fare i pici è considerata una vera e propria arte, l’arte dell’appiciare appunto, che presuppone conoscenza e metodo.
Per capirsi non basta allungare un pezzetto di pasta e dargli la forma, spesso chi si cimenta in quest’arte senza possedere le conoscenze necessarie finisce per fallire, perchè i pici si spezzano, o rimangono duri, o peggio si rompono in cottura. Ci sono trucchi e accorgimenti che sono essenziali per realizzare degli ottimi pici. Siete curiosi di sapere quali sono?
Beh innanzi tutto l’acqua con cui si fa l’impasto deve essere tiepida. In secondo luogo l’impasto va lavorato a mano e a lungo, deve essere ben amalgamato e compatto. Dopo che è stato lavorato deve riposare almeno 40 min. E quanto alla tecnica per appiciare, non si può spiegare bene a parole, ma con le mani in pasta.
I pici come patrimonio agroalimentare italiano.
La notizia è stata resa nota dall’unione dei comuni della Val di Chiana Senese. I pici e l’arte di farli sono stati inseriti nell’inventario nazionale con decreto del ministero delle Politiche Agricole, al pari della Pizza Napoletana.
Questo è un riconoscimento di grande prestigio. Le prime testimonianze della produzione di questo formato di pasta risalgono addirittura ai tempi degli etruschi.
Il riconoscimento dei pici come patrimonio con l’iscrizione nell’inventario nazionale del patrimonio agroalimentare italiano, potrebbe essere il primo passo verso una candidatura all’iscrizione nel registro dei beni immateriali dell’UNESCO.
Staremo a vedere, l’importante è che non si perda una tradizione così importante per questa zona e la voglia di mettersi il grembiule e mettersi lì, con pazienza e amore a fare qualcosa che possa emozionare solo con una forchettata.